Facciamo rumore

Neppure le parole abbiamo più. E se le avessimo non le ascolteresti.

Per questo sbattiamo con il poco che abbiamo, con le bombolette del gas, con le brande.

Siamo invisibili, per questo cerchiamo di fare rumore, tutti insieme.

Perché sia forte, perché sia disperato, perché sia sgradevole e superi anche i pregiudizi,

quelli che stanno fuori ma anche quelli tra di noi.

Urtiamo le porte, le grate che ci soffocano, i muri che ci chiudono e ci isolano dal mondo.

Muri che hanno reso, che hai reso impenetrabili, delimitando un ghetto-lager, un mondo da dimenticare.

La vita però, come la sofferenza, non puoi farla prigioniera.

Una strada per uscire dalla gabbia, in qualche modo la troverà.

Qualcuno sentirà quella voce e non sarà stato in vano.

Perché basterebbe poco. Basterebbe che per un solo giorno queste mura sporche e grigie diventassero trasparenti.

Basterebbe che tu potessi vederci. Vedere la libertà di cui ci hai privato.

La speranza distrutta, la dignità calpestata.

Basterebbe guardarla per un giorno, questa discarica di rifiuti umani.

Dove hai confinato ogni sbaglio, dove hai buttato il disagio, la povertà, i problemi che non sai o vuoi risolvere. Sperando che così non tornino a darti fastidio, a disturbare i tuoi privilegi, il tuo aperitivo, la tua call.

Vedresti gli occhi vuoti di chi si è spento per dimenticare tutto questo, sperando che passi.

Vedresti i corpi inanimati di chi non riesce a sostenere il dolore.

Vedresti non criminali incalliti e pericolosi, ma persone.

Che spesso non trovano nessuno con energia, il coraggio e la volontà di aiutarle.

Vedresti lo sporco, il degrado.

Ci vedresti cucinare e mangiare in bagno.

Ci vedresti sdraiati nelle brande, perché in piedi in cella non c’entriamo.

Ci vedresti boccheggiare d’estate e tremare d’inverno, senza riscaldamento, senza acqua calda.

Ti basterebbe un solo sguardo per capire che queste persone non sono più umane, che senza un progetto, un lavoro, senza ricevere risposte, senza una speranza non siamo più niente.

Provaci tu a non poter chiamare la tua compagna, a dover scegliere se usare la tua unica chiamata per sentire i tuoi figli o i tuoi genitori.

Prova ad avere solo 10 maledetti minuti a settimana per comprimere tutto, ogni pensiero, ogni parola, ogni sentimento.

Prova a non sentirti solo, impotente, perso.

Basterebbe seguirci mentre arriviamo ammanettati tra la gente, ancora non giudicati, in quelle aule dove dovrebbero fare giustizia, ma ti senti colpevole anche se non lo sei, vivi la condanna prima ancora della sentenza.

Trascinati coi ferri ai polsi, chiusi dentro una gabbia più piccola della cella, sbattuti e umiliati in quei sotterranei luridi di piazzale Clodio.

Basterebbe assaggiare questo cibo, che fa schifo e comunque non basta mai.

Basterebbe finire in questo baratro per capire che i muri e le sbarre chiudono dentro anime vive e tengono fuori l’umanità, la civiltà.

Ti basterebbe vederlo, questo posto, per non poter più far finta di nulla.

Ti metteresti anche tu a sbattere con noi.

Questa volta, non girarti dall’altra parte. Posa l’aperitivo, sospendi la call, metti in pausa il film.

Prova a vedere oltre questo maledetto muro.

Detenuti in mobilitazione – Regina Coeli