Casa per tutte e tutti, L38Squat non si tocca!
Quando il centro commerciale Maximo ha aperto in pompa magna, non si è risparmiato il clamore su chi si sarebbe ammassato per gli acquisti e le contraddizioni che avrebbe creato con la crisi sanitaria in corso.
Consumata la notizia tutto è tornato nel silenzio.
Cosa accade in un quartiere popolare schiacciato tra due centri commerciali?
Come nel caso di Euroma2, ogni progetto legato al profitto comporta una trasformazione radicale del territorio: si percepisce il problema della mobilità, in una metropoli che deve garantire i flussi di merci e denaro, ma è necessario domandarsi da dove proviene la manodopera sfruttata nei poli di commercio e che vita viene assegnata.
Come Euroma2 anche Maximo è frutto di una generosa concessione dei patrimoni pubblici attraverso quella che hanno chiamata più volte “riqualificazione”.
Con lo sgombero delle persone occupanti dai ponti IX, X, ed XI e la successiva demolizione degli stessi, Ater, Municipio e Regione hanno dimostrato la loro totale sudditanza alla speculazione regalando letteralmente cubature pubbliche (ben tre volte tanto) per realizzare queste cattedrali di cemento private.
In questo caso, ancora una volta, l’Ater propone, con un investimento di 7milioni700mila euro tra fondi europei e della regione Lazio, un progetto di “restaurazione” di V e VI ponte, assegnando alloggi provvisori e poi definitivi a 53 nuclei censiti tra gli attuali abitanti delle due strutture.
Esclusione ed inclusione vanno di pari passo, altrimenti non esisterebbero neanche nel linguaggio.
Il progetto di riqualificazione in corso riguarda anche lo spazio occupato da L38Squat – ovvero una grande porzione del VI ponte. Architetti/e varie si sono divertiti/e a chiamare sfacciatamente cohousing, con biblioteca, spazi in comune, studenti e categorie vulnerabili, la cubatura occupata da 31 anni da compagnx per vivere collettivamente, organizzarsi, desiderare, lottare e autogestire.
Per noi che la casa venga assegnata a chi vive in quartiere anche da 30 anni tra muri di gesso e muffa, è assolutamente un processo da affiancare per fare in modo che nessuno resti solo/a. Festeggiamo per ogni CASA assegnata e il sorriso di chi vede la luce in fondo al tunnel ci scalda il cuore. Ovviamente non auguriamo a nessunx un così lungo calvario.
In questi due anni abbiamo visto l’esercito accompagnare la consegna di pacchi alimentari inondando il quartiere di tricolori; famiglie affollate in case misere e sovraesposte al contagio, giovani obbligati a seguire la formazione scolastica da casa senza avere alcuna tecnologia a disposizione, anziani e disabili abbandonati in palazzi senza ascensori, accompagno o servizi di sussidio alcuno… Una lunga lista di atrocità che denunciamo puntualmente da anni, acuite dalla crisi pandemica, che abbiamo conosciuto da un punto di vista privilegiato, quello di chi può affrontare ogni difficoltà con la forza della collettività.
In quei centri commerciali trovano impiego molte persone del quartiere con stipendi da fame e mansioni senza prospettiva, lavori di pulizie notturne o in cooperative che gestiscono la logistica ma il prodotto è solo esclusione e miseria.
Che futuro c’è in una casa assegnata senza soldi per campare?
Che scelta può fare per costruirsi una vita autonoma, se non occupare una casa, chi vive fino all’adolescenza in occupazione per poi vedere una casa assegnata ai propri genitori ormai anziani? In questo paese se non fosse per le occupazioni, le uniche altre forme di spazi socioculturali rimarrebbero le carceri, i manicomi ed i centri di espulsione, questo è il quadro reale della situazione che ci circonda.
In tutto questo L38Squat resta della sua solita posizione: l’occupazione non si tocca, case per tutte e tutti.
Saremo in piazza sabato 29 gennaio, senza ipocrisia, dalla parte di chi lotta senza compromessi contro un sistema mortifero e violento.
Abbiamo troppo da difendere ma non ci vedrete mai strizzare l’occhio al politico di turno per vivere comodi.
L38Squat, per una vita libera insieme