Cronache di ordinaria speculazione edilizia al Laurentino38

Al Laurentino 38 è in corso un progetto di riqualificazione finanziato con fondi europei da Ater e Regione Lazio. Il progetto si sovrappone a quello già approvato e finanziato da un vecchio piano regolatore, dunque sugli stessi immobili vigono due finanziamenti di due distinti e diversi progetti. Un progetto prevede di sviluppare l’economia del quartiere all’interno della struttura ponte, tra attività commerciali e servizi per la popolazione, l’altro invece, giunto improvvisamente alla sua realizzazione, prevede l’abitabilità della struttura ponte, ribaltando completamente l’idea stessa con cui è stato progettato l’intero quartiere.

Quest’anno, dopo il censimento degli abitanti del V e VI ponte avvenuto 4 anni fa, l’Ater ha iniziato ad assegnare alloggi provvisori agli abitanti del V ponte e parallelamente a sventrare la struttura. Le assegnazioni sono state seguite passo passo da un comitato di abitanti quasi interamente composto da donne determinate a far valere i propri diritti. Da mesi ci sono alcune famiglie costrette a vivere tra le macerie, con ratti e spazzatura ovunque, poiché considerate non aventi titolo ad un’assegnazione provvisoria di un alloggio solamente perché arrivate dopo il censimento. In questi giorni, operai e funzionari Ater minacciano l’intervento della forza pubblica senza dare alcuna soluzione, ovvero un tetto, alle famiglie che vivono, studiano e lavorano nel quartiere e che sono costrette a rischiare la salute, o ancor peggio la vita con il pericolo di crolli, pur di ottenere un posto dove vivere serenamente.

I muri abbattuti diventano Ponti

I muri abbattuti diventano Ponti

Era questo il concetto e l’idea dell’architetto Piero Barucci, padre del progetto che ha visto a metà anni ’80 la nascita dei ponti del Laurentino 38. Con la sua recente scomparsa va a sgretolarsi la grande intuizione che ebbe riguardo una differente idea di sviluppo della nostra zona in cui, al centro di un’estesa area verde, ci fosse un quartiere autosufficiente pulsante di vita e socialità. Infatti, originariamente, il progetto prevedeva la nascita, nei locali delle strutture ponte, di servizi e attività di vario tipo che andassero a soddisfare le differenti necessità della popolazione del Laurentino 38. Però non fu così, i servizi non vennero erogati da subito e le attività aprirono in minima parte e, di lì a poco, l’importante emergenza abitativa che già da quegli anni era presente in città ha fatto sì che, gli stessi locali destinati a servizi e negozi venissero invece poi occupati da nuclei familiari e/o giovani del quartiere.

È in questo contesto che il Laurentino 38 diventa uno dei tanti quartieri dormitorio della città, tutto l’opposto riguardo l’intuizione di Barucci. Un quartiere in cui, per almeno 20 anni dalla sua nascita, nessuna istituzione ha fatto qualcosa per migliorarlo destinandolo, di fatto, ad un periodo di lungo abbandono che festeggia ora i suoi 40 anni. Lo stesso Barucci, in un’intervista di sette anni fa, asserisce che il motivo per cui la sua idea di progetto sia fallita fosse da attribuire ad una “irriducibile rivalità scoppiata tra due corpi separati della pubblica amministrazione, Comune di Roma ed ex IACP (oggi ATER), che hanno cominciato a litigare, opporsi e farsi dispetti per seguire delle tematiche legate alla propria visibilità ed ai propri interessi invece di curare il bene collettivo”.

Un quartiere, il nostro, pieno di contraddizioni di diversa provenienza. Ad esempio, ai lati de Laurentino 38, sorgono due mostri del sistema di consumo di massa come i centri commerciali Euroma2 e Maximo. Intorno e di fianco del Laurentino 38 sono sorti, alcuni prima ed altri dopo, quartieri bene il cui tenore di vita è nettamente superiore a quello che si vive a poche centinaia di metri di distanza. La differenza tra il Laurentino 38 ed i luoghi come viale Cesare Pavese o come il lussuoso edificio EuroSky dell’EUR, passando per le ville miliardarie adiacenti lo Shangri-la ed il Fungo sempre in zona Eur (quartieri, quelli, ben tenuti), e’ la cura che viene dedicata alle differenti zone. Al Laurentino 38, invece, le uniche attenzioni che hanno avuto il coraggio di avere sono state dedicate alle sedi di alcune tra le più grandi multinazionali della guerra come la Selex di proprietà di Leonardo, delle nanotecnologie come la HP e degli OGM come la Procter & Gamble. Per queste multinazionali e centri commerciali, gli aiuti del Municipio, della Regione, la fornitura di servizi e manutenzione non sono mai mancati ed, al contrario, in 40 anni non si è riusciti a far vivere dignitosamente le circa 30.000 famiglie abitanti del Laurentino 38.

Sin dal principio il quartiere Laurentino 38 è stato uno degli scenari preferiti dalla speculazione immobiliare, un’area di terreni e immobili pubblici così vasta, all’interno di un quartiere in emergenza costante, ha fatto gola a molti nel tempo. Hanno dilaniato la zona attraverso diversi progetti così detti di “riqualificazione” sempre prontamente appoggiati dai politici di turno per farne il loro personale trampolino di lancio, portando una temporanea attenzione sulle problematiche della zona senza però intervenire in modo sufficiente e fermandosi spesso ad interventi di facciata.

Il progetto che al momento include il Laurentino 38, a differenza di altri quartieri, ha sempre ed esclusivamente interessato l’aspetto estetico degli edifici che l’ATER spera ancora di poter recuperare con una ristrutturazione sommaria ed una vendita sottobanco per cercare di colmare gli enormi debiti che continua ad accumulare proprio per non saper gestire l’immenso patrimonio che possiede. Non c’è alcuna preoccupazione piuttosto verso l’aspetto strutturale, sociale e culturale. Le poche scuole non attrezzate abbinate ad un alto tasso di abbandono scolastico ed i lavori precari associati ad un alto tasso di disoccupazione non hanno di certo migliorato l’esistenza di chi vive al Laurentino 38. Di questo non si parla in questo ennesimo progetto.

Attualmente il progetto prevede la bonifica delle strutture ponte al fine di renderle a norma ed essere finalmente vivibili da nuclei familiari o persone single e, in alcuni casi, costruire una biblioteca ed una palestra a pagamento smantellando il luogo in cui sono già da decine di anni a disposizione del quartiere e di tutti e tutte gratuitamente. Questi progetti speculativi portano così tanta ricchezza nelle tasche di chi li appoggia che riescono a trovare sempre un fronte unico di sostenitori. Per cui banche, imprese edili, politici vari che partono dai delegati alla rigenerazione urbana degli uffici della Regione Lazio, passando per gli assessori responsabili delle politiche abitative del Comune di Roma ed i tecnici del IX Municipio, per arrivare a fare l’occhiolino agli uffici dell’ATER, hanno necessità di dover far credere che il problema più grande di questa zona siano i fatti di cronaca nera raccontati puntualmente dalle testate giornalistiche proprietà di banche o colluse con le lobby del mattone, evitando di affrontare i problemi più impellenti come la mancanza di case, servizi, di cure, di lavoro, di mezzi pubblici per accogliere ed accudire i 30.000 abitanti del Laurentino 38. Azioni mediatiche giustificate da interventi delle forze repressive dello Stato con retate portate avanti, per lo più, ai danni di giovani sottoproletari del quartiere che vivono problematiche di vario genere che vanno dall’economico per arrivare al sociale. Inoltre una costante spinta che soffia verso una continua fascistizzazione della società, portata anche avanti a causa di curiose rivisitazioni della storia messe in atto da parte di note personalità del governo attualmente in carica, parla, oggi più che mai, alla pancia delle persone dei quartieri popolari spesso pronte a ben digerire il discorso “prima gli italiani”. Ebbene, lo vogliamo dire forte e chiaro, i nostri nemici sono tutti questi attori e fattori che, insieme, giocano una partita volta a far vincere chi di solito intasca soldi a discapito di chi tutti i giorni vive nelle borgate.

L’attuale progetto che interessa quinto e sesto ponte è ricaduto, e continuerà ad agire, sui nuclei familiari delle persone occupanti e sul sesto ponte luogo in cui da sempre, oltre ai nuclei familiari occupanti, è stato il ponte del sociale in quanto sono stati presenti associazioni come la Comunità di Sant’Egidio, sindacati come Asia, la sede dell’ANPI ed il centro sociale Laurentinokkupato/L38Squat che, dal febbraio del 1991, esprime socialità, controcultura ed autogestione. Sia ben chiaro, come già comunicato a suo tempo, vogliamo casa per tutte e tutti, che siano persone censite o meno, o che provengano da qualsiasi parte del mondo. Da alcune settimane abbiamo notato un’accelerazione nei lavori relativi a questo progetto: essendo ben visibili reti e recinzioni al centro dell’anello stradale al di sotto del quinto ponte e vedendo operai e Bobcat all’interno del quinto ponte intenti nei lavori di demolizione degli appartamenti al momento liberi. Inoltre, alla luce di ciò che sta avvenendo al quinto ponte, sembra che questo potrebbe avvenire prossimamente anche al sesto ponte. Facciamo appello al quartiere a tenere gli occhi bene aperti e vigilare affinché si possa manifestare la massima solidarietà verso quelle famiglie che, da più di trent’anni, aspettano di vedere finalmente risolto il problema della casa e che, a queste persone, venga assegnata quanto prima un’abitazione degna. Allo stesso tempo, sostenendo la causa di casa per tutte e tutti, siamo fermi nel dire che L38Squat non si tocca.

Casa per tutte e tutti, L38Squat non si tocca!

Casa per tutte e tutti, L38Squat non si tocca!

Quando il centro commerciale Maximo ha aperto in pompa magna, non si è risparmiato il clamore su chi si sarebbe ammassato per gli acquisti e le contraddizioni che avrebbe creato con la crisi sanitaria in corso.

Consumata la notizia tutto è tornato nel silenzio.

Cosa accade in un quartiere popolare schiacciato tra due centri commerciali?

Come nel caso di Euroma2, ogni progetto legato al profitto comporta una trasformazione radicale del territorio: si percepisce il problema della mobilità, in una metropoli che deve garantire i flussi di merci e denaro, ma è necessario domandarsi da dove proviene la manodopera sfruttata nei poli di commercio e che vita viene assegnata.

Come Euroma2 anche Maximo è frutto di una generosa concessione dei patrimoni pubblici attraverso quella che hanno chiamata più volte “riqualificazione”.

Con lo sgombero delle persone occupanti dai ponti IX, X, ed XI e la successiva demolizione degli stessi, Ater, Municipio e Regione hanno dimostrato la loro totale sudditanza alla speculazione regalando letteralmente cubature pubbliche (ben tre volte tanto) per realizzare queste cattedrali di cemento private.

In questo caso, ancora una volta, l’Ater propone, con un investimento di 7milioni700mila euro tra fondi europei e della regione Lazio, un progetto di “restaurazione” di V e VI ponte, assegnando alloggi provvisori e poi definitivi a 53 nuclei censiti tra gli attuali abitanti delle due strutture.

Esclusione ed inclusione vanno di pari passo, altrimenti non esisterebbero neanche nel linguaggio.

Il progetto di riqualificazione in corso riguarda anche lo spazio occupato da L38Squat – ovvero una grande porzione del VI ponte.  Architetti/e varie si sono divertiti/e a chiamare sfacciatamente cohousing, con biblioteca, spazi in comune, studenti e categorie vulnerabili, la cubatura occupata da 31 anni da compagnx per vivere collettivamente, organizzarsi, desiderare, lottare e autogestire.

Per noi che la casa venga assegnata a chi vive in quartiere anche da 30 anni tra muri di gesso e muffa, è assolutamente un processo da affiancare per fare in modo che nessuno resti solo/a. Festeggiamo per ogni CASA assegnata e il sorriso di chi vede la luce in fondo al tunnel ci scalda il cuore. Ovviamente non auguriamo a nessunx un così lungo calvario.

In questi due anni abbiamo visto l’esercito accompagnare la consegna di pacchi alimentari inondando il quartiere di tricolori; famiglie affollate in case misere e sovraesposte al contagio, giovani obbligati a seguire la formazione scolastica da casa senza avere alcuna tecnologia a disposizione, anziani e disabili abbandonati in palazzi senza ascensori, accompagno o servizi di sussidio alcuno… Una lunga lista di atrocità che denunciamo puntualmente da anni, acuite dalla crisi pandemica, che abbiamo conosciuto da un punto di vista privilegiato, quello di chi può affrontare ogni difficoltà con la forza della collettività.

In quei centri commerciali trovano impiego molte persone del quartiere con stipendi da fame e mansioni senza prospettiva, lavori di pulizie notturne o in cooperative che gestiscono la logistica ma il prodotto è solo esclusione e miseria.

Che futuro c’è in una casa assegnata senza soldi per campare?

Che scelta può fare per costruirsi una vita autonoma, se non occupare una casa, chi vive fino all’adolescenza in occupazione per poi vedere una casa assegnata ai propri genitori ormai anziani? In questo paese se non fosse per le occupazioni, le uniche altre forme di spazi socioculturali rimarrebbero le carceri, i manicomi ed i centri di espulsione, questo è il quadro reale della situazione che ci circonda.

In tutto questo L38Squat resta della sua solita posizione: l’occupazione non si tocca, case per tutte e tutti.

Saremo in piazza sabato 29 gennaio, senza ipocrisia, dalla parte di chi lotta senza compromessi contro un sistema mortifero e violento.

Abbiamo troppo da difendere ma non ci vedrete mai strizzare l’occhio al politico di turno per vivere comodi.

L38Squat, per una vita libera insieme