Guai a chi ci tocca

Oggi abbiamo interrotto un incontro sulla costruzione di comunità energetiche organizzato dal Comune di Roma e dal IX Municipio a Spinaceto.

L’intervento è stato molto breve e ha raccontato, allx abitanti di diversi quartieri lì presenti, il progetto di autonomia energetica che stiamo costruendo da un anno, con il contributo di ingegnerx e architettx che con noi condividono un’etica.

Questa interruzione è stata l’occasione per far sapere a tuttx che lo stesso municipio che si riempie la bocca con parole come “comunità” e “solidarietà” manda ogni giorno i vigili urbani per notificarci lo sgombero e che continueremo a resistere mettendo in campo le nostre iniziative autonomamente.

Il nostro intervento si è concluso accusando il Comune e Municipio di aver lasciato in strada le donne del quinto ponte, alcune delle quali ospitate ad oggi da noi di l38 squat.

La scelta di cancellare l’appuntamento istituzionale nella sala consiliare del IX Municipio,che avrebbe dovuto tenersi venerdì scorso, non ci impedirà di andarli a disturbare ovunque vorremo.

L38 squat

Guai a chi ci tocca

È il nostro cortile, non una caserma

È il nostro cortile, non una caserma

Al sesto ponte il controllo costante della polizia in questi giorni ha assunto proporzioni grottesche.

Che effetti positivi potrebbe vantare la militarizzazione totale con incursioni di 40/50 guardie se viviamo già un quotidiano viavai di volanti, perquisizioni corporali e interrogatori informali di guardie in borghese?

Ogni giorno un teatro.
Ogni giorno sotto gli occhi di tutti.
Cosa vogliono insegnare?

Lo squat è occupato da 33 anni e non ha padroni. I signori di Ater si devono mettere l’anima in pace, la cubatura del sesto ponte non è la loro. L’hanno abbandonata e resta in vita da decenni solo grazie all’autogestione: il sesto ponte non sarà l’ennesimo fallimento delle politiche abitative dello stato.

Sguinzagliare decine di poliziotti, creare un clima di guerra e paura che impedisce di affrontare i profondi problemi tra chi abita in quartiere, trasformare il nostro cortile nel piazzale di una caserma ha il solo scopo di creare il deserto.

Non accetteremo in silenzio le continue provocazioni e le minacce.  L’abbiamo già dimostrato: se il Laurentino chiama, la città risponde.
Questo clima soffocante deve finire.

NON CHIEDIAMO IL PERMESSO PER VIVERE LIBERX

NON CHIEDIAMO IL PERMESSO PER VIVERE LIBERX

È ormai noto che anche il quartiere Laurentino 38 sta vivendo un’ondata di riqualificazione radicale come accade in altre parti della città.
 
Un quartiere lasciato all’abbandono per decenni viene colpito da progetti di speculazione che ricadono pesantemente su chi abita la nostra borgata.
Come scrivevamo a maggio scorso, siamo felici di vedere assegnate le case a chi resiste da anni in condizioni di vita difficili ma il processo in corso mira a cambiare profondamente la natura del quartiere, a partire dalla popolazione stessa che lo abita.
 
Al sesto ponte del Laurentino 38, da febbraio del 1991, esiste e resiste quello che inizialmente era conosciuto come Laurentinokkupato ed ora L38Squat. Da più di 32 anni è un luogo di relazioni, controcultura ed autogestione in un quartiere dormitorio privo di servizi. Uno spazio dove i desideri prendono forma, una casa per chi vuole vivere insieme  e spalleggiarsi nella vita.
 
Ad oggi lo squat è minacciato di sgombero e ci è sembrata una buona idea quella di rispondere strabordando, ancora una volta, nelle strade del quartiere con una serata di musica autoprodotta, interventi e aggiornamenti sui ponti del Laurentino 38.
 
Invitiamo chi ci ha conosciutx in questi 32 anni di occupazione e autogestione e chi ancora non ci ha incontrat* nelle lotte a raggiungerci domenica 9 luglio per un’iniziativa dalle ore 19.
 
Coscienti che il nostro spazio occupato non sarà né il primo né l’ultimo della città ad essere sotto attacco confidiamo in un’ampia partecipazione.
 
Consapevoli di combattere ad armi impari, scegliamo comunque la lotta, una volta ancora!
 
 
DOMENICA 9 LUGLIO VI ASPETTIAMO DALLE 19 NEL QUARTIERE LAURENTINO 38….
SEGUITE LA MUSICA!
CI VEDIAMO IN STRADA!
 
L38SQUAT

I muri abbattuti diventano Ponti

I muri abbattuti diventano Ponti

Era questo il concetto e l’idea dell’architetto Piero Barucci, padre del progetto che ha visto a metà anni ’80 la nascita dei ponti del Laurentino 38. Con la sua recente scomparsa va a sgretolarsi la grande intuizione che ebbe riguardo una differente idea di sviluppo della nostra zona in cui, al centro di un’estesa area verde, ci fosse un quartiere autosufficiente pulsante di vita e socialità. Infatti, originariamente, il progetto prevedeva la nascita, nei locali delle strutture ponte, di servizi e attività di vario tipo che andassero a soddisfare le differenti necessità della popolazione del Laurentino 38. Però non fu così, i servizi non vennero erogati da subito e le attività aprirono in minima parte e, di lì a poco, l’importante emergenza abitativa che già da quegli anni era presente in città ha fatto sì che, gli stessi locali destinati a servizi e negozi venissero invece poi occupati da nuclei familiari e/o giovani del quartiere.

È in questo contesto che il Laurentino 38 diventa uno dei tanti quartieri dormitorio della città, tutto l’opposto riguardo l’intuizione di Barucci. Un quartiere in cui, per almeno 20 anni dalla sua nascita, nessuna istituzione ha fatto qualcosa per migliorarlo destinandolo, di fatto, ad un periodo di lungo abbandono che festeggia ora i suoi 40 anni. Lo stesso Barucci, in un’intervista di sette anni fa, asserisce che il motivo per cui la sua idea di progetto sia fallita fosse da attribuire ad una “irriducibile rivalità scoppiata tra due corpi separati della pubblica amministrazione, Comune di Roma ed ex IACP (oggi ATER), che hanno cominciato a litigare, opporsi e farsi dispetti per seguire delle tematiche legate alla propria visibilità ed ai propri interessi invece di curare il bene collettivo”.

Un quartiere, il nostro, pieno di contraddizioni di diversa provenienza. Ad esempio, ai lati de Laurentino 38, sorgono due mostri del sistema di consumo di massa come i centri commerciali Euroma2 e Maximo. Intorno e di fianco del Laurentino 38 sono sorti, alcuni prima ed altri dopo, quartieri bene il cui tenore di vita è nettamente superiore a quello che si vive a poche centinaia di metri di distanza. La differenza tra il Laurentino 38 ed i luoghi come viale Cesare Pavese o come il lussuoso edificio EuroSky dell’EUR, passando per le ville miliardarie adiacenti lo Shangri-la ed il Fungo sempre in zona Eur (quartieri, quelli, ben tenuti), e’ la cura che viene dedicata alle differenti zone. Al Laurentino 38, invece, le uniche attenzioni che hanno avuto il coraggio di avere sono state dedicate alle sedi di alcune tra le più grandi multinazionali della guerra come la Selex di proprietà di Leonardo, delle nanotecnologie come la HP e degli OGM come la Procter & Gamble. Per queste multinazionali e centri commerciali, gli aiuti del Municipio, della Regione, la fornitura di servizi e manutenzione non sono mai mancati ed, al contrario, in 40 anni non si è riusciti a far vivere dignitosamente le circa 30.000 famiglie abitanti del Laurentino 38.

Sin dal principio il quartiere Laurentino 38 è stato uno degli scenari preferiti dalla speculazione immobiliare, un’area di terreni e immobili pubblici così vasta, all’interno di un quartiere in emergenza costante, ha fatto gola a molti nel tempo. Hanno dilaniato la zona attraverso diversi progetti così detti di “riqualificazione” sempre prontamente appoggiati dai politici di turno per farne il loro personale trampolino di lancio, portando una temporanea attenzione sulle problematiche della zona senza però intervenire in modo sufficiente e fermandosi spesso ad interventi di facciata.

Il progetto che al momento include il Laurentino 38, a differenza di altri quartieri, ha sempre ed esclusivamente interessato l’aspetto estetico degli edifici che l’ATER spera ancora di poter recuperare con una ristrutturazione sommaria ed una vendita sottobanco per cercare di colmare gli enormi debiti che continua ad accumulare proprio per non saper gestire l’immenso patrimonio che possiede. Non c’è alcuna preoccupazione piuttosto verso l’aspetto strutturale, sociale e culturale. Le poche scuole non attrezzate abbinate ad un alto tasso di abbandono scolastico ed i lavori precari associati ad un alto tasso di disoccupazione non hanno di certo migliorato l’esistenza di chi vive al Laurentino 38. Di questo non si parla in questo ennesimo progetto.

Attualmente il progetto prevede la bonifica delle strutture ponte al fine di renderle a norma ed essere finalmente vivibili da nuclei familiari o persone single e, in alcuni casi, costruire una biblioteca ed una palestra a pagamento smantellando il luogo in cui sono già da decine di anni a disposizione del quartiere e di tutti e tutte gratuitamente. Questi progetti speculativi portano così tanta ricchezza nelle tasche di chi li appoggia che riescono a trovare sempre un fronte unico di sostenitori. Per cui banche, imprese edili, politici vari che partono dai delegati alla rigenerazione urbana degli uffici della Regione Lazio, passando per gli assessori responsabili delle politiche abitative del Comune di Roma ed i tecnici del IX Municipio, per arrivare a fare l’occhiolino agli uffici dell’ATER, hanno necessità di dover far credere che il problema più grande di questa zona siano i fatti di cronaca nera raccontati puntualmente dalle testate giornalistiche proprietà di banche o colluse con le lobby del mattone, evitando di affrontare i problemi più impellenti come la mancanza di case, servizi, di cure, di lavoro, di mezzi pubblici per accogliere ed accudire i 30.000 abitanti del Laurentino 38. Azioni mediatiche giustificate da interventi delle forze repressive dello Stato con retate portate avanti, per lo più, ai danni di giovani sottoproletari del quartiere che vivono problematiche di vario genere che vanno dall’economico per arrivare al sociale. Inoltre una costante spinta che soffia verso una continua fascistizzazione della società, portata anche avanti a causa di curiose rivisitazioni della storia messe in atto da parte di note personalità del governo attualmente in carica, parla, oggi più che mai, alla pancia delle persone dei quartieri popolari spesso pronte a ben digerire il discorso “prima gli italiani”. Ebbene, lo vogliamo dire forte e chiaro, i nostri nemici sono tutti questi attori e fattori che, insieme, giocano una partita volta a far vincere chi di solito intasca soldi a discapito di chi tutti i giorni vive nelle borgate.

L’attuale progetto che interessa quinto e sesto ponte è ricaduto, e continuerà ad agire, sui nuclei familiari delle persone occupanti e sul sesto ponte luogo in cui da sempre, oltre ai nuclei familiari occupanti, è stato il ponte del sociale in quanto sono stati presenti associazioni come la Comunità di Sant’Egidio, sindacati come Asia, la sede dell’ANPI ed il centro sociale Laurentinokkupato/L38Squat che, dal febbraio del 1991, esprime socialità, controcultura ed autogestione. Sia ben chiaro, come già comunicato a suo tempo, vogliamo casa per tutte e tutti, che siano persone censite o meno, o che provengano da qualsiasi parte del mondo. Da alcune settimane abbiamo notato un’accelerazione nei lavori relativi a questo progetto: essendo ben visibili reti e recinzioni al centro dell’anello stradale al di sotto del quinto ponte e vedendo operai e Bobcat all’interno del quinto ponte intenti nei lavori di demolizione degli appartamenti al momento liberi. Inoltre, alla luce di ciò che sta avvenendo al quinto ponte, sembra che questo potrebbe avvenire prossimamente anche al sesto ponte. Facciamo appello al quartiere a tenere gli occhi bene aperti e vigilare affinché si possa manifestare la massima solidarietà verso quelle famiglie che, da più di trent’anni, aspettano di vedere finalmente risolto il problema della casa e che, a queste persone, venga assegnata quanto prima un’abitazione degna. Allo stesso tempo, sostenendo la causa di casa per tutte e tutti, siamo fermi nel dire che L38Squat non si tocca.

Casa per tutte e tutti, L38Squat non si tocca!

Casa per tutte e tutti, L38Squat non si tocca!

Quando il centro commerciale Maximo ha aperto in pompa magna, non si è risparmiato il clamore su chi si sarebbe ammassato per gli acquisti e le contraddizioni che avrebbe creato con la crisi sanitaria in corso.

Consumata la notizia tutto è tornato nel silenzio.

Cosa accade in un quartiere popolare schiacciato tra due centri commerciali?

Come nel caso di Euroma2, ogni progetto legato al profitto comporta una trasformazione radicale del territorio: si percepisce il problema della mobilità, in una metropoli che deve garantire i flussi di merci e denaro, ma è necessario domandarsi da dove proviene la manodopera sfruttata nei poli di commercio e che vita viene assegnata.

Come Euroma2 anche Maximo è frutto di una generosa concessione dei patrimoni pubblici attraverso quella che hanno chiamata più volte “riqualificazione”.

Con lo sgombero delle persone occupanti dai ponti IX, X, ed XI e la successiva demolizione degli stessi, Ater, Municipio e Regione hanno dimostrato la loro totale sudditanza alla speculazione regalando letteralmente cubature pubbliche (ben tre volte tanto) per realizzare queste cattedrali di cemento private.

In questo caso, ancora una volta, l’Ater propone, con un investimento di 7milioni700mila euro tra fondi europei e della regione Lazio, un progetto di “restaurazione” di V e VI ponte, assegnando alloggi provvisori e poi definitivi a 53 nuclei censiti tra gli attuali abitanti delle due strutture.

Esclusione ed inclusione vanno di pari passo, altrimenti non esisterebbero neanche nel linguaggio.

Il progetto di riqualificazione in corso riguarda anche lo spazio occupato da L38Squat – ovvero una grande porzione del VI ponte.  Architetti/e varie si sono divertiti/e a chiamare sfacciatamente cohousing, con biblioteca, spazi in comune, studenti e categorie vulnerabili, la cubatura occupata da 31 anni da compagnx per vivere collettivamente, organizzarsi, desiderare, lottare e autogestire.

Per noi che la casa venga assegnata a chi vive in quartiere anche da 30 anni tra muri di gesso e muffa, è assolutamente un processo da affiancare per fare in modo che nessuno resti solo/a. Festeggiamo per ogni CASA assegnata e il sorriso di chi vede la luce in fondo al tunnel ci scalda il cuore. Ovviamente non auguriamo a nessunx un così lungo calvario.

In questi due anni abbiamo visto l’esercito accompagnare la consegna di pacchi alimentari inondando il quartiere di tricolori; famiglie affollate in case misere e sovraesposte al contagio, giovani obbligati a seguire la formazione scolastica da casa senza avere alcuna tecnologia a disposizione, anziani e disabili abbandonati in palazzi senza ascensori, accompagno o servizi di sussidio alcuno… Una lunga lista di atrocità che denunciamo puntualmente da anni, acuite dalla crisi pandemica, che abbiamo conosciuto da un punto di vista privilegiato, quello di chi può affrontare ogni difficoltà con la forza della collettività.

In quei centri commerciali trovano impiego molte persone del quartiere con stipendi da fame e mansioni senza prospettiva, lavori di pulizie notturne o in cooperative che gestiscono la logistica ma il prodotto è solo esclusione e miseria.

Che futuro c’è in una casa assegnata senza soldi per campare?

Che scelta può fare per costruirsi una vita autonoma, se non occupare una casa, chi vive fino all’adolescenza in occupazione per poi vedere una casa assegnata ai propri genitori ormai anziani? In questo paese se non fosse per le occupazioni, le uniche altre forme di spazi socioculturali rimarrebbero le carceri, i manicomi ed i centri di espulsione, questo è il quadro reale della situazione che ci circonda.

In tutto questo L38Squat resta della sua solita posizione: l’occupazione non si tocca, case per tutte e tutti.

Saremo in piazza sabato 29 gennaio, senza ipocrisia, dalla parte di chi lotta senza compromessi contro un sistema mortifero e violento.

Abbiamo troppo da difendere ma non ci vedrete mai strizzare l’occhio al politico di turno per vivere comodi.

L38Squat, per una vita libera insieme