NO AI MEGA PROGETTI DI DEVASTAZIONE – FERMIAMO IL PORTO CROCIERISTICO A FIUMICINO!
Il Bilancione Occupato è un pezzo di cuore nostro. Il Bilancione è molto più di uno spazio fisico: è un luogo di aggregazione, cultura e resistenza, un presidio di lotta che in questi anni ha rappresentato un punto di riferimento per il territorio di Fiumicino e per chi vive di relazioni basate sull’autorganizzazione e la solidarietà.
Il porto crocieristico di Fiumicino promosso da Royal Caribbean è una minaccia alla vita del mare e delle persone. Ancora una volta, dietro la retorica dello “sviluppo” si nasconde la solita logica predatoria: cemento, inquinamento e speculazione a beneficio di pochi, a discapito di tuttx. Questo mega progetto trasformerà la costa in un’enorme infrastruttura turistica, cancellando la vita. I profitti delle multinazionali delle crociere arriveranno al prezzo di un ecosistema compromesso, dell’erosione costiera e dell’inquinamento marino e atmosferico, come già avvenuto in tanti altri porti del Mediterraneo.
Il nostro NO al porto crocieristico a Fiumicino ha riscontro nella lotta.
Giù le mani dal Bilancione! Ci vediamo fianco a fianco a Fiumicino.
Domenica 2 febbraio un presidio solidale di un centinaio di persone ha interrotto la normalità e il silenzio che tengono in piedi il campo di deportazione a Ponte Galeria.
Durante il presidio alcuni reclusi hanno preso i tetti – unico modo per vedere e farsi vedere da un lager infossato in una palude e circondato da mura di 8 metri – e sono stati bloccati dalle guardie; poco dopo, una colonna di fumo nero è apparsa più volte nella sezione maschile.
Il presidio è stato un momento di denuncia grazie al coraggio dei e delle parenti di Moussa Balde e di Ousmane Sylla – uccisi dalla violenza dei CPR a Torino e Roma. La loro presenza, i loro interventi, le proteste dei reclusi nel CPR sono motivi in più per fare la nostra parte di lotta qui fuori.
Domenica 2 febbraio, quelle mura – sorvegliate, militarizzate, pensate per far scomparire – sono state abbattute dalla solidarietà e il coraggio delle persone reclusx. Con il cuore e lo sguardo rivolti a chi è rinchiusx a Ponte Galeria, a chi paga il prezzo della ribellione sulla propria pelle, a tutte le persone recluse in ogni prigione del mondo, il presidio si è sciolto al grido di FREEDOM – HURRIYA – LIBERTÀ.
DOMENICA 2 FEBBRAIO ORE 15:30 PRESIDIO DAVANTI ALLE MURA DEL CPR DI PONTE GALERIA
Torniamo lì, dove il ferro e il cemento segnano l’invisibilità di chi è reclusx per il solo fatto di esistere, per non essere natx nel luogo giusto. Torniamo davanti alle mura del CPR di Ponte Galeria per essere fianco a fianco di chi, dentro e fuori quelle mura, combatte ogni giorno contro l’annientamento che lo Stato infligge con il razzismo e l’esclusione.
Lo Stato sta affinando la sua guerra e lavora con nuovi strumenti per segregare, selezionare, controllare ed espellere. Il decreto Cutro trasforma ogni angolo della città in un potenziale campo di concentramento. Ogni stanzino di un edificio pubblico può diventare un temporaneo luogo di prigionia e tortura. Deve vincere l’isolamento per evitare che le persone si organizzino insieme, nelle rivolte e nelle evasioni. Ecco che il CPR di Gradisca d’Isonzo, come sta avvenendo nelle ultime settimane, ci parla di dignità, di una parte di popolazione che resiste e un’altra che opprime.
Il razzismo sistemico si riproduce ogni giorno. Ogni volo di linea è un luogo in cui può avvenire un’espulsione e ogni espulsione è questa società che si riproduce nel nome della sicurezza come strumento di propaganda.
Ogni operazione di polizia, ogni retata in quartiere o nelle campagne, è la propaganda del razzismo che si alimenta sulla vita delle persone: è la politica di questo governo, è la natura della sua democrazia.
Ogni zona rossa vuole essere una prigione sotto il cielo. Uno strumento pensato per legittimare sempre più l’uso della polizia e della sua violenza. Lo abbiamo visto a Corvetto, dove il quartiere è diventato una cassa di risonanza per giustificare gli abusi della polizia, ma nello stesso tempo grido di riscatto e coraggio. Dove ogni corpo, ogni volto, viene sottoposto alla violenza del razzismo e della conseguente criminalizzazione. Tutto per difendere la sicurezza dei ricchi di continuare a sfruttare, tutto per alimentare la guerra contro chi non ha diritto di esistere dove ha scelto di stare.
A Quarticciolo la guerra assume l’altra faccia della stessa medaglia. La polizia, le retate, i modelli Caivano, le deportazioni: una guerra che fa leva sull’umiliazione, sulla separazione, sull’esclusione. È la guerra dei governi, la guerra sulla pelle di chi non può essere altro che una merce da spostare, da annientare, da sottomettere.
A chi si ribella, a chi prova ad alzare la testa, lo Stato risponde con la sua violenza. La risposta è un corpo strappato via dalla vita, deportato in un lager legalizzato, pestato e torturato affinché non si ribelli, affinché non sia di esempio.
Vogliamo tornare là, davanti alle mura di Ponte Galeria, dove l’unica sezione femminile del Paese è chiusa in un angolo dimenticato posto ai confini della città.
Per sostenere le resistenze quotidiane di chi è reclusx, chi lotta ogni giorno per la propria libertà, per la propria dignità. Vogliamo tornare là per dire, ancora una volta, che non avranno il silenzio di cui necessitano le torture.
Hanno un solo nome: infami.
Vogliamo tornare davanti alle mura di Ponte Galeria, dove ogni giorno si riscrive la storia di chi rifiuta la prigione: nelle sezioni che prendono fuoco, nelle evasioni, nella dignità della vita in un sistema di morte.
È ormai una settimana che il nostro quartiere è sulla cronaca di TV e giornali. Abbiamo aspettato in silenzio che la notizia di alcuni arresti venisse consumata da chi banchetta sulle difficoltà altrui ma sembra non ci sia ancora pace.
Ieri sera, ancora una volta, il quartiere era sotto assedio. Ogni ingresso pattugliato da numerose volanti.
Lo diciamo senza mezzi termini: la criminalizzazione rivolta al quartiere sta generando un clima pesantissimo e non vogliamo che le guardie si sentano padrone delle nostre vite. Che può succedere se un pischello in motorino non si ferma a un posto di blocco perché ha fatto due tiri di canna e non vuole perdere la patente? Che può succedere se qualcun risponde male o ignora le domande della prima guardia che capita in quartiere? Mentre media e politici pompano odio verso le periferie, a noi preoccupa il quotidiano. Ci aspettiamo solo violenze.
Il Laurentino 38 continua a subire maltrattamenti da ogni amministrazione ma questo non fa notizia. Non fa notizia, ad esempio, che la Regione Lazio ritiri grossi finanziamenti previsti per interventi nel quartiere perché l’ATER li ha lasciati inutilizzati fino alla scadenza. O che il Municipio IX abbandoni il quartiere, spostando la sua sede accanto al centro commerciale Maximo e traslocando le attività culturali in un posto irraggiungibile come l’Ex-Vaccheria. Intanto, il cantiere del V ponte è ormai il simbolo del fallimento e della speculazione e l’economia interna del quartiere continua a subire colpi pesantissimi, schiacciata da due centri commerciali, senza prospettiva.
Il resto, per fortuna, non è solo polizia.
Le nostre vite sono simili a quelle di tanti/e altri/e abitanti dei quartieri popolari di Roma e non solo. Da una periferia vicina, il Quarticciolo, ci arriva una richiesta di solidarietà per difendere insieme quello che facciamo nei quartieri e quello che desideriamo per le nostre vite. In questo momento il governo ha deciso di esportare anche al Quarticciolo il modello punitivo-penitenziario applicato nel 2023 a Caivano. Anche là, come al Laurentino 38, Brumotti e Don Coluccia sono i testimonial del populismo penale e della propaganda violenta che usa i problemi sociali per spianare la strada alla speculazione e al controllo di chi è poverx.
Per confrontarci tra quartieri popolari e sostenerci reciprocamente parteciperemo all’assemblea di sabato 18 gennaio a piazza del Quarticciolo.
È la storia di questa società; ti costringe a degli standard di vita che non puoi permetterti, poi ti sfrutta, opprime, ti sperona e ti ammazza. Basterebbe questo, non servirebbe aggiungere altro. Infatti mercoledì è successo lo stesso a San Lorenzo, i carabinieri inseguono un ragazzo nero sospettato di aver rubato al supermercato: lo buttano a terra, lo circondano e lo arrestano.
È la storia di una società che fra la proprietà privata e la vita sceglie sempre la prima. Una società che classifica la vita delle persone sulla base del reddito, del colore della pelle, del genere. Le donne vengono uccise a centinai ogni anno; le vite dei neri contano meno. Ci sono persone di serie A e persone di serie B, è la storia di questa società.
È la storia di un ragazzo come ce ne sono tanti, la maggioranza nel mondo, che per vivere si deve arrangiare come può, perché non c’è chi gli spiana la strada per fare il medico, l’ingegnere o il pagliaccio in parlamento. È la storia di una parte del mondo che resiste a una che opprime. Sono stati i carabinieri, che per difendere la legalità, la proprietà privata, che per perseguire il loro senso di giustizia per cui gli è stata data l’uniforme, hanno ammazzato un ragazzo e ne hanno arrestato un altro. La vita delle persone razzializzate vale meno, meno di un ALT dei carabinieri, meno di una collana da 300 euro, meno di qualunque cosa al supermercato.
È la storia di una società che continua a ripetere che fino a qui va tutto bene. Vorrebbe far credere che la caduta è sempre più avanti e che fino a qui tutto sommato è andata bene. La caduta non sono i 90 suicidi nelle carceri, perché in fondo in Iran si sta peggio; la caduta non è un ddl che nega anche le forme di protesta pacifiche, perché in fondo i tempi bui sono quelli passati, il fascismo è passato; la caduta non è neanche la guerra ai poveri che viene fatta nelle città con le zone rosse o, ancora prima, murando le strade per complicare la vita a chi ci vive (vedi termini). E così la caduta non è una società che ha fatto dell’università un luogo dove si produce la guerra, del mediterraneo un cimitero, dei palestinesi che resistono una popolazione da sterminare e dei lager nelle nostre città come luoghi necessari per controllare i flussi delle persone che non hanno il giusto documento. Vogliono far credere che questo è il migliore dei mondi auspicabile.
La caduta allora non sarà neanche questa volta, neanche la vita di Ramy basterà a far vedere che la società è già precipitata, e che queste non sono altro che le conseguenze all’atterraggio. Perché il tribunale condannerà il singolo e assolverà la legalità; come fa il carcere: punisce chi ruba ma non combatte la povertà, chi stupra ma non risolve la cultura dello stupro.
Lo sapevamo prima e lo ridiciamo adesso: è stata la società. Classista, razzista, patriarcale.
Ci vediamo sabato 11 gennaio ore 19 a piazza dell’immacolata.
Nei giorni scorsi, un servizio televisivo di uno dei peggiori programmi RAI ci ha buttato nel tritacarne della guerra ai poveri e a chi è esclusx.
Il montaggio, in soli 2 minuti, fa apparire il Laurentino 38 come uno dei posti più brutti al mondo: immagini e parole violente che raccontano il nostro quartiere spogliandolo di dignità. Un miscuglio di sensazionalismo e criminalizzazione che non vuole certo far emergere i problemi delle persone che ci abitano ma solo costruire una versione umiliante, utile a chi è in cerca di visibilità e propaganda.
Per don Coluccia e l’intervistatrice, il Centro sociale del sesto ponte andrebbe sgomberato supportando questa tesi con un collegamento diretto tra noi, lo spaccio e la criminalità organizzata.
Quando gli abitanti lamentano l’incuria di Ater per appartamenti senza manutenzione da più di 20 anni il servizio, invece, corre veloce.
Non sappiamo a chi faccia un favore questo schifo televisivo, registrato nei primi giorni di ottobre e poi proposto solo ora.
Per certo racconta bene la Roma del giubileo e le politiche dedicate a chi vive nelle periferie: abbandono e polizia.
Questa volta è toccato a noi ma nella giostra della propaganda fascista capitano ogni giorno migliaia di vite simili alle nostre.
Che abbia coinciso con le notti di protesta al Corvetto contro la brutalità poliziesca per l’uccisione di Ramy e con gli sgomberi di massa delle case occupate a Caivano, dice già da che parte stiamo.
Lamentarci non è nel nostro stile: stiamo già preparando una risposta in strada per i prossimi giorni, proprio quando diamo più fastidio e dove meglio crediamo.
Una voce al Laurentino 38.
Una risposta a chi ci contatta dal resto della città.
Mentre le guerre si allargano e continuano i massacri, mentre aumenta la povertà e il governo italiano è impegnato a vendere armi, fare leggi per difendere i ricchi e buttare in carcere chi vive nei quartieri popolari e chi protesta, chiunque può capire quanto ce rode il culo che due fascisti, due che parlano e agiscono come chi governa il paese, si fanno belli al Laurentino 38.
Se avessero a cuore il quartiere e la solidarietà, non avrebbero bisogno di proclami imbarazzanti e toni gloriosi per pulire una strada o distribuire pacchi alimentari (come fanno da anni altri partiti e associazioni) dopo che i loro amici al governo ci fanno vivere nella miseria.
St’estate l’abbiamo passata a parlarci fra chi si conosce e si vuole bene in quartiere ed è bello sapere che abbiamo idee chiare e condivise: al Laurentino, i fascisti porteranno solo odio, divisioni e problemi.
Il PD che governa il municipio, a forza di abbandonare la popolazione, favorire la speculazione e fare la guerra a chi porta avanti le lotte in quartiere, ha permesso a due stronzi di fare questa grossa provocazione.
Inutili i comunicati, ridicola la richiesta di polizia.
Andiamo avanti senza guardie e fascisti che sono solo amici di ricchi e politici.
Lottiamo per una vita libera insieme.
Più che una novità per il Laurentino 38 è una rinnovata battaglia tra politici di diversa bandiera.
I vecchi dicono ai nuovi che i cantieri sono fermi. I nuovi dicono ai vecchi che i lavori vanno avanti nonostante i debiti lasciati dai vecchi.
Di una cosa però possiamo stare sicurx: vecchi e nuovi sono pronti a prendersi i meriti quando e se qualche “opera” verrà conclusa. Sono persino riusciti a cantare vittoria per l’inaugurazione del teatro ad Elsa Morante, che per 10 anni era stato lasciato vuoto.
Il progetto di riqualificazione del quinto e sesto ponte è una lunga scia di speculazione che solo la costante attenzione degli abitanti riesce a smascherare.
Se un cantiere illegale e succhia soldi è stato smantellato, se le perdite di acqua sono state riparate, se i lavori del quinto ponte sono lentamente ripresi e ogni giorno devono dimostrare che qualche piccola cosa succede, è solo merito di chi si attiva, monitora e porta avanti proteste e denunce sociali.
Tutto sembra come sempre ma intorno a noi le cose accadono e peggiorano.
Abbiamo vite sempre più strozzate, un quartiere sempre più spento e il cambio di destinazione d’uso del quinto e sesto ponte per mettere la parola fine alle realtà sociali e alle serrande commerciali ne è un esempio evidente.
Tutto deve scorrere inesorabilmente tra Maximo e Euroma2, i corpi devono essere numeri, le malattie un destino scritto.
La nostra più grande paura è che invece della voglia di riscatto, sia la bruttezza a prevalere nei cuori e nelle menti. Se lo specchio del quartiere è l’immagine tremenda del cane che è stato abbandonato nel garage del sesto ponte, dobbiamo darci uno scrollone prima di sprofondare davvero.
In questi ultimi tempi la politica ha giocato le ennesime carte sporche. Un incendio nel parcheggio adiacente al municipio ha fatto parlare di intimidazioni e minacce ai politici, poco importa che a distanza di poche ore si sia chiarita l’origine.
Le dichiarazioni roboanti su RomaToday hanno solleticato Don Coluccia, il prete pallonaro antispaccio, che non si è fatto mancare una passeggiata per i ponti con la questura al seguito.
Il clima di paura e solitudine va spezzato insieme.
Per non restare in balia degli eventi.
Per pretendere una casa per tutti e tutte, per chi è nelle liste da quando è bambinx e ora vuole costruirsi una vita autonoma da persona adulta, per chi ha o non ha i titoli secondo la burocrazia assassina.
Per resistere insieme allo sgombero del sesto ponte e difendere L38Squat.